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Presentazione del libro: I Ribelli al governo della città

La generazione della Resistenza. Sesto S. Giovanni 1944 – 1946

Giuseppe Vignati

Contributi

  1. Bassoli, L. Biagi, B. Bozzani, A. Calleri, G. Carrà, A. Cesani, L. Fabbri, G. Petrillo, G. Piluscio, C. Talamucci, G. Trezzi

Come ci si trasforma da ribelli in governanti e amministratori? Chi erano, che idee avevano, che cosa volevano gli uomini e le donne che dopo essersi battuti strenuamente per un ventennio contro il fascismo si trovarono a dirigere la cosa pubblica nelle città liberate? Che cosa li accomunava, prima che nel nuovo regime democratico si aprissero le naturali divisioni ideologiche e politiche?

Nel 1945, alla fine della guerra, Sesto San Giovanni, alle porte di Milano, era una città-fabbrica: anzi, in Italia, la città-fabbrica per eccellenza. La grande concentrazione di lavoratori – circa 50.000, in gran parte pendolari un po’ da tutta la Lombardia, ma anche molti immigrati già allora da altre regioni d’Italia – ne faceva anche un centro politico influente, verso il quale durante la Resistenza “guardavano tutti i lavoratori di Milano e provincia quando si trattava di entrare in lotta”: “il cancro della Lombardia” come “modemamente” la definivano i fascisti di Salò, dove tutti, anche il parroco, erano “antifascisti, ribelli e sabotatori”. Comunisti, socialisti, repubblicani, anarchici, democristiani; manovali, operai, tecnici, insegnanti, massaie: tutti, in questa città, dettero un contributo decisivo e di massa alla Resistenza e tutti sorressero con entusiasmo ed impegno l’opera della nuova amministrazione cittadina, nuova ed inesperta di fronte agli impegnativi compiti della ricostruzione.

Curato da Giuseppe Vignati, collaboratore prezioso dell’Istituto e conoscitore profondo della storia di Sesto San Giovanni, arricchito dai saggi di Biagi, Petriffo, Trezzi e dello stesso Vignati e dalle testimonianze di alcuni protagonisti di quelle vicende, questo libro è il primo tentativo di mettere a fuoco questi temi con uno studio ravvicinato di un campione cosa significativo non solo del trapasso dal fascismo alla democrazia, ma anche di un’Italia ormai scomparsa.

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